martedì 24 maggio 2011

Kotoko Warriors

Putchu Guinadji


Milano


31 Maggio - 5 Giugno 2011 ore 10/18


Basilica di S. AmbrogioAntiquum Oratorium Passionis




«Ancora una volta ho montato il cavallo di Don Chisciotte….».


Non sono molti gli oggetti che racchiudono in sè una essenziale complessità: tra questi possiamo certamente porre le sculture Kotoko protagoniste di questa pubblicazione.

La frase scelta per il titolo è di Ernesto Guevara della Serna, meglio noto come "il Chè" , e rende bene l'idea che l'insieme del Cavaliere e del suo Cavallo sia una figura ancestrale che agisce nel profondo, attraversando le culture in ogni continente e in ogni tempo: Orlando di Roncisvalle, Geronimo, Ṣalāḥ al-Dīn al-Ayyūbi e Don Chisciotte vivificano l'esperienza storica e mistica irrompendo sulla scena con i loro destrieri, liberano energie che coinvolgono, generano speranza e timore. San Giorgio uccide il Drago dall'alto del suo cavallo, l'Apocalisse è annunciata dal fragore terrificante dei quattro Cavalieri : c'è nella figura cavallo/cavaliere una forza ri/conoscente che parla a ciascuno in Kotoko Warrior termini assoluti pur essendo legata ad una iconografia a volte precisamente identificabile sul piano storico o culturale ..

Siamo evidentemente in presenza di un elemento di quel linguaggio archetipico e metaforico che l'uomo usa da sempre quando ha necessità di parlare di se , di ciò che è più che di ciò che ha: il linguaggio artistico.

Si può dire che l'arte è il linguaggio che apre finestre sul mistero, che narra di una prospettiva trascendente: attraverso la lettura delle opere d'arte percepiamo la serenità, le tensioni, la complessità, il valore e i limiti di una cultura, ne comprendiamo la vivacità o la decadenza .

Alcune opere però assumono un valore assoluto.

Pur essendo figlie del loro tempo, parlano ad ogni uomo in ogni tempo, e ciò accade se chi le ha realizzate è riuscito ad andare all'origine delle domande, a quel "sapere perché vogliiamo sapere" - come dice Emmanuel Anati - che qualifica l'avventura della vita.

Nel caso del Cavalieri Kotoko ciò è particolarmente evidente.

Intanto bisogna dire che l'arte africana è un vero e proprio vocabolario di archetipi: è arte viva, in divenire, funzionale alla necessità che gli uomini hanno di misurarsi con il Mistero e con le domande che Esso pone da sempre per tentare di governarlo.

In questo senso, a nostro avviso, è arte primaria. Kotoko Warrior

Comunemente si usa la definizione "arti primarie" come versione più rispettosa per identificare le arti delle culture extraeuropee più distanti dalla nostra idea di arte: non e' usata per le arti giapponesi, cinesi o indiane ma quasi esclusivamente per quelle africane ed oceaniche, le più distanti, le più "selvagge" e "primitive".

Si noti inoltre che la stessa definizione "politicamente corretta " di arti primarie fatica ancora a sostituire quella di arti tribali o primitive, e non e' bastata la costante relazione tra gli artisti del Novecento attivi a Parigi nei primi decenni del secolo scorso ( da Picasso a Tristan Tzara) per liberare le arti dei popoli extraeuropei da un "recinto" a volte addirittura colonialistico.

E' realistico pensare che anche questa definizione sia quindi riduttiva e in qualche modo ipocrita: primario etimologicamente deriva dal latino primus - primo- con il suffisso arius che ne indica l'appartenenza, ovvero "primo nell'ordine gerarchico, principale".

Si può sostenere quindi che sia più adeguato usare questa definizione per quelle opere d'arte che sono insieme rigorosamente figlie del loro tempo e della

Kotoko Warrior loro cultura ma capaci di "parlare" all'uomo in ogni tempo e in ogni luogo, perché scritte con quell'alfabeto metaforico conosciuto dai tempi delle incisioni rupestri fino alla contemporaneità di Keith Haring e dei graffiti metropolitani.

Nel caso delle sculture Kotoko possiamo evidenziare ulteriori elementi.

- E' noto che questi oggetti siano usati come talismani contro la follia, o meglio contro il manifestarsi di anomalie comportamentali vistose ed eclatanti: ciò apre scenari di grande attualità.

Pur non essendo in grado di definire certezze registriamo una efficacia rituale che non deve essere banalizzata: come esistono molte culture e molti linguaggi, esistono molte medicine, e non conoscerle non significa che esse siano inutili.

Oltre alla constatazione che la dimensione rituale è di fatto presente in ogni attività terapeutica ( si potrebbe provocatoriamente dire che ogni buon medico ha una dimensione sciamanica), le neuroscienze ci dicono sempre più che l'esperienza estetica e quella terapeutica sono inscindibilmente e sorprendentemente legate. Rimandiamo a questo proposito all'intervista con il Prof. Guido Rodriguez, Neuroscienziato Direttore dell'Unità di Neurofisiologia clinica Dipartimento di Neuroscienze, Oftalmologia e Genetica dell'Università di Genova.,visibile sul sito www.tribaleglobale.info.

- Il valore archetipico di queste sculture è emerso in modo suggestivo anche da una operazione di "decontestualizzazione" che è documentata nella sezione Radiografie di questa pubblicazione, ed è oggetto di una specifica esposizione.

Abbiamo deciso infatti di radiografare tutti quei talismani racchiusi in involucri Kotoko Warrior

sigillati: non ci risulta che ciò sia mai stato fatto , e ritenevamo interessante documentarne il contenuto. L'aspetto più sorprendente è stato però avere "guardato dentro" un oggetto trascendente, e averne ricavato una suggestione che ha coinvolto sia noi sia il personale medico e tecnico che non conosceva gli oggetti e la loro funzione.

La sensazione non è stata quella di documentare le caratteristiche di un manufatto, ma di riconoscerne la natura profonda. Il fatto che le radiografie si presentino come un'opera d'arte contemporanea testimonia ulteriormente la natura "alfabetica" di certe opere d'arte, utilizzabili per narrare storie con linguaggi di ogni tempo.

- i Cavalieri Kotoko sono un esempio straordinario di "monumentalità ontologica". Pur essendo di piccole dimensioni, è sufficiente posizionarli in una prospettiva priva di riferimenti oggettivi per rendersi conto che "reggono" qualunque dimensione. Sono evidentemente portatori di una sintesi estetica che non è misurata sulle dimensioni del nostro corpo, ma sulla profondità della nostra capacità percettiva.

Pierluigi Peroni, noto per la sua importante collezione di coltelli artigianali custom, è appassionato amante dell'Africa e dei suoi linguaggi dell'arte, e si è concentrato su questa dimensione micromonumentale: oltre ai Cavalieri Kotoko colleziona anelli, "soli" Dogon, ornamenti Lobi e Mossi: ciò rende unico l'insieme degli oggetti ed evidenzia la differenza sostanziale tra una raccolta e una collezione: quest'ultima ha un valore aggiunto, che è lo sguardo di chi la Kotoko Warrior costruisce giorno dopo giorno. Per questo motivo l'Archivio Italiano di Arti Primarie nasce con il lavoro sulla collezione Peroni e si concretizza con questa pubblicazione e con l'insieme di eventi che lo seguono.

L'Italia non ha una tradizione coloniale, e questo ha certamente frenato lo sviluppo della conoscenza di quei linguaggi dell'arte non a caso ben radicati in Francia , in Belgio e per altri motivi negli Stati Uniti. Sopratutto in Francia esiste il mercato più articolato e ricco di opere di arti primarie, il più significativo Museo ( il Museo del quai Branly) , la più riconosciuta rete di esperti.

In realtà questo "ritardo" italiano porta in se una grande opportunità, segnata anche dalla peculiarità idell'attenzioneper l'arte moderna e contemporanea e dal sedimento culturale che fa di questo paese una grande opera d'arte a cielo aperto.

La consuetudine con la bellezza e una grande, discreta e radicata tradizione di collezionismo d'arte fanno dell'Italia il luogo ideale per proporre un altro sguardo sulle arti primarie: nascendo e crescendo immersi nella bellezza non e' difficile cogliere l'energia vitale archetipica nelle opere provenienti dalle culture africane. Bisogna inoltre ricordare che esse non sono rappresentate solo dalle rare e costosissime sculture e maschere Fang o Punu, ma da una moltitudine di oggetti tanto sublimi quanto ancora facilmente reperibili.

Liberati dal bisogno rassicurante della classificazione etno-antropologica e restituiti alla dimensione senza tempo del mistero della bellezza essi possono diventare i discreti compagni dei dialoghi infiniti tra il collezionista e i suoi oggetti. Kotoko Warrior

Giuliano Arnaldi

Sovrintendente Generale del MAP, Museo di Arti Primarie



Tutte le sculture provengono dalla collezione Pierluigi Peroni e sono fotografate da Francesco Pachì.

il catalogo della mostra di MILANO ( oltre 500 pagine con più di trecento foto a colori, informazioni e bibliografia sui Kotoko ) costa 46 euro e si può acquistare on line ordinandolo a


Il 3 giugno alle 12 a Milano ( presso la sede della mostra) Conferenza stampa di presentazione dei diversi eventi con alcune sorprese...è previsto un buffet, si pregano i giornalisti di confermare l'eventuale presenza sempre a


grazie

invito-Kotoko


Radiografie in Mostra




Radiografia Kotoko Warrior Radiografia Kotoko Warrior



Radiografia Kotoko Warrior Radiografia Kotoko Warrior






Radiografia Kotoko Warrior Radiografia Kotoko Warrior



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